"Di notte tutti i gatti sono bigi", così dice il proverbio. Ma di giorno?
In una serata di fine Giugno mi sono lasciato trascinare in una animata discussione su Facebook riguardo a quello che dovesse intendersi per SEO. Il fatto che su Facebook si possano fare anche interessanti discussioni è già, se vogliamo, qualcosa di unusuale, ma il fatto che questo accada smonta, in un certo senso, anche gli streotopi che spesso si hanno dei social network: discussioni frivole su Facebook e discussioni profonde e pedanti su Google+, ad esempio; se l'eccezione non conferma la regola anche su Facebook, dunque,si possono fare discussioni interessanti, basta creare l'ambiente giusto.
Ma torniamo in tema. In una sera di Giugno, dicevo, in un gruppo che era un covo di SEO, mi capita di dissentire riguardo a certe modalità che la maggioranza di quel gruppo riteneva valide strategie di web marketing.
Mal me ne incolse poichè fui fatto oggetto di attacchi ad personam volti a demolire non tanto la tesi che portavo avanti, ma soprattutto colui che la sosteneva. È una vecchia regola: se non puoi confutare gli argomenti cerca di abbattere colui che li sostiene, quasi che un argomento si possa ritenere valido solo nella misura in cui colui che lo sostiene è a sua volta "simbiotico" con l'argomento stesso.
Vabbè, come è facile perdere il filo e cadere nella filosofia!
In breve: ciò su cui non ero d'accordo erano le strategie di link building che ancora venivano spacciate quasi fossero l'unica soluzione per ottenere visibilità sul web.
Il caso concreto era stata la segnalazione di un utente che lamentava come un proprio cliente fosse scavalcato, nella posizione sulle pagine dei risultati di Google, da un concorrente che praticava una link building che violava palesemente le regole imposte da Google stesso; in quel contesto, si chiedeva, "che fare?".
Beh, ciò che non mi ha lasciato indefferente e che, se vogliamo, mi ha un pò depresso è che la maggior parte dei SEO intervenuti consigliavano di sconfiggere il competitor sul suo stesso campo, detto in parole semplici: se lui fa il furbo diventa più furbo di lui.
E ci si lasciava andare a possibili tecniche risolutive come acquisto di links su siti a forte trust, link building massiva o, addirittura pagare qualche brava agenzia indiana per creare una campagna SEO negativa che andasse a colpire ed affondare il sito avversario. Il tutto condito da termini quali "pistola", "cannone", "nemico" ecc.
Quello che mi generava sconforto era vedere come il competitor scorretto venisse visto dai SEO intervenuti come qualcuno che fa semplicemente il suo lavoro (scorretto), mentre il vero nemico, da fregare o comunque con cui ingaggiare la battaglia fosse invece Google. Molti SEO si comportano alla stregua di automobilisti che potenzialmente si odiano l'un l'altro ma sempre pronti a far fronte comune verso le forze dell'ordine che istituiscono i posti di blocco sulle strade, salvo poi lamentarsi che la criminalità e i delinquenti al volante siano in continuo aumento.
Personalmente ritengo che l'impostazione di questi SEO sia vecchia, ancorchè a tutt'oggi molto usata.
Del resto basta vedere un recente post pubblicato sul blog di Tagliaerbe per rendersi conto che le strategie di link building, anche quelle che palesemente violano le disposizioni date dal motore di ricerca, siano ancora molto in voga.
Per tornare alla discussione avuta su Facebook, chi mi ha risposto piccato ha creduto di dimostrare che io stesso adottassi le tecniche che in quella sede condannavo. Si voleva far passare il messaggio che i SEO fossero tutti uguali che che se si faceva tale lavoro bisognasse mettere in conto comportamenti che violavano le regole dei motori e della leale concorrenza. Insomma, "tutti i gatti sono bigi", "Non c'è giusto, non c'è sbagliato. C'è solo quello che funziona.".
Insomma, il sostenere che non ci sia una "white SEO" o una "black SEO", che tutti siano grigi è, a mio dire solo un modo di ripulirsi la coscienza. Un atteggiamento tipicamente itialico.
Parliamoci chiaro: la "black SEO" intesa come clocking, keyword stuffing, article spinning dovrebbe essere definitivamente tramontata in quanto tecniche ad alto rischio; ma altre tecniche "grigie" che qualcuno vorrebbe far passare come ragionevoli, ancorchè rientrino tra le violazioni alle regole imposte da Google, dovrebbero essere fatte rientrare, a mio parere, nella categoria "black hat SEO". Pagare un blogger perchè inserisca un nostro articolo con link, spammare i propri links ovunque nei forum, nei commenti sui blog ecc. sono tecniche che, anche se efficaci, non posso essere annoverare tra quelle che un buon SEO dovrebbe portare avanti.
Diciamocelo: il web è già pieno di schifezze e personalmente non voglio dare il mio contributo per aumentarle. Adottare tecniche fraudolente per scavalcare il sito di un competitor i cui contenuti sono megliori dei nostri, che offre un servizio migliore del nostro, è il contributo che molti SEO danno, consapevolmente o inconsapevolmente, al peggioramento del web.
Ma si può, allora, fare SEO rispettando le regole e ottenendo comunque dei risultati?
La mia risposta è sì.
Ci vuole però un cambio di paradigma, una evoluzione culturale e, se vogliamo, anche etica.
Fare SEO nel rispetto delle regole può richiedere tempi decisamente più lunghi ma che porta al raggiungimento di risultati molto più stabili. Bisogna uscire dall'ossessione dei links visti come unica via per ottenere visibilità.
Per la mia esperienza molto raramente mi sono capitati siti di clienti sui quali non si potesse intervenire con miglioramenti, anche sostanziali, all'interno dei siti stessi; usabilità di un sito, tempi di caricamento delle pagine e, soprattutto, qualità ed utilità dei contenuti sono tutti fattori che non dovrebbero essere considerati di minore importanza rispetto alla link building. Se sei dietro ad un competitor e il SEO a cui ti rivolgi ti propone, come prima cosa, una strategia di link building, esso non è da considerasi, a mio modesto parere, un bravo SEO anche se può vantare al suo attivo risultati straordinari.
Lo spostare l'attenzione dalla quantità alla qualità è un cambio di paradigna che richiede tempo e un'evoluzione culturale, sia da parte dei SEO che da parte dei clienti che ad un SEO si rivolgono.
Cosa bisogna aspettarsi, infatti, se questi ultimi si disinteressano completamente della strategia SEO delegandola completamente al professionista? La SEO, quella buona, non si può fare senza il contributo fattivo dei clienti; pianificare un piano editoriale coerente ed efficace, significa che qualcuno deve scrivere contenuti di qualità e chi meglio di chi tratta l'argomento può scriverli? Deleghereste qualcuno assolutamente incompetente nella vostra materia affinchè scriva contenuti tecnici al posto vostro?
Se i feedback che circolano in rete in merito alla vostra attività o al vostro prodotto sono negativi che ve ne fate di una strategia di link building? Potreste portare, certo, centinaia e centinaia di visitatori in più sul sito, magari aumentare le vendite, ma contestualmente aumenterebbero anche i feedbacks negativi. Alla fine che cosa ve ne verrebbe se non incrinare definitivamente la vostra reputazione online?
Web reputation, qualità e valore dei contenuti che si offrono sono le parole su cui consiglio di puntare, il cambio di paradigma da attuare. Anche se certe strategie richiedono tempo, richiedono fatica. Ma dà più soddisfazione offrire qualità o valore o raccattare links a destra e a manca per portare in alto ciò che non ha nè qualità nè valore?
Pensateci la prossima volta che vi affiderete ad un SEO.